Aggiornamento Archivio Sentenze - 1

Il Tribunale Ordinario di Roma Sezione II Civile conferma che le attività prestate in favore dei soggetti gravemente  affetti dal morbo di Alzheimer ricoverati in istituti di cura sono qualificabili come attività sanitaria.

L'Archivio sentenze è stato aggiornato con la Sentenza n. 14180/2016 del Tribunale Ordinario Roma Sezione II Civile, pubblicato in data 14/07/2016.

La vicenda riguarda il contenzioso tra l'erede di un cittadino deceduto, colpito dal morbo di Alzheimer, e la Regione Lazio. La Regione aveva autorizzato il ricovero del paziente presso una RSA [i]. Di conseguenza il figlio del ricoverato aveva dovuto corrispondere personalmente, a titolo di compartecipazione alla retta  la somma complessiva di € 12.981,64.

 

Con questa sentenza il Giudice richiamando la Sentenza n. 4558/12  della Suprema Corte di Cassazione ha ribadito che "l'attività prestata in favore di soggetto gravemente affetto da morbo di Alzheimer ricoverato in istituto di cura è qualificabile come attività sanitaria, quindi di competenza del Servizio Sanitario Nazionale, ai sensi dell'art. 30 [ii] della legge n. 730 del 1983, secondo cui sono a carico del SSN gli oneri delle attività di rilievo sanitario connesse con quelle socio-assistenziali.

La Suprema Corte ha infatti ritenuto che non è possibile determinare nelle forme gravi di tale morbo le quote di natura sanitaria e detrarle da quelle di natura assistenziale, stante la loro stretta correlazione, con netta prevalenza delle prime sulle seconde, in quanto comunque dirette, anche ex art. 1 [iii] D.P.C.M. 8 agosto 1985, alla tutela della salute del cittadino".

Il Giudice ha rilevato che le rette, per la somma complessiva di € 12.981,64, sono state pagate in favore del padre al posto della Regione Lazio la quale ha avuto un ingiustificato arricchimento ai danni dell'attrice (figlio) corrispondente al risparmio di spesa (v. Cass. Sez. Un. n. 9946/2009).

Con le suddette motivazioni il Giudice ha stabilito che il figlio ha diritto di essere rimborsato e ha Condannato la Regione Lazio al pagamento della somma di € 13.393,44 (le rette pagate + interessi) e all' ulteriore pagamento a favore del figlio delle spese di lite che liquida in € 3.000,00 per compensi ed € 214,00 per spese, oltre addizionali di legge.

Nell'esprimere la nostra soddisfazione per questa sentenza, non possiamo ignorare che in questa vicenda è rimasto assente il terzo attore, rimasto danneggiato a sua volta in modo più consistente. Il terzo attore è il Comune che congiuntamente al ricorrente ha dovuto coprire il 50% della retta complessiva, vale a dire la quota sociale, così come stabilito dal ART 4 comma 1 del DPCM 14 febbraio 2001[iv].

Da un rapido conto effettuato da noi,  per il paziente ricoverato per 33 mesi (dal febbraio 2010 al ottobre 2012) è stata pagata da parte del figlio la somma di € 12.981,64 equivalenti a € 393,38 mensili. Si può dunque dedurre che il Comune ha dovuto compartecipare in modo consistente assieme al figlio alla copertura della quota sociale. Poiché la quota sociale delle rette di ricovero negli RSA mediamente parte da un minimo di € 1.500 mensili, il Comune ha sborsato realisticamente più di € .1000 mensili, per un ammontare complessivo minimo di € 33.000.

Il Comune dunque nell'interesse dei propri cittadini ha il dovere di chiedere alla Regione Lazio il rimborso delle somme indebitamente pagate per la copertura delle rette della RSA.

Sarebbe  opportuno che nei regolamenti di tutti i comuni venga contemplata una procedura della presa  in carico del cittadino, in modo tale che venga correttamente valutato il  bisogno del soggetto, per individuare se le prestazioni da erogare sono di natura sanitaria o socio-sanitaria. Nel caso il bisogno del cittadino fosse prevalentemente di natura sanitaria il regolamento dovrebbe prevedere,  con le figure adeguate, di orientare/accompagnare il cittadino, affinché venga  correttamente preso in carico dal Servizio Sanitario (Regione) per essere ricoverato in una struttura  idonea.

A. Filibian


[i] dove era rimasto dal 6.2.2010 all'ottobre 2012 - complessivamente per 33 mesi circa

[ii] ART. 30. Per l'esercizio delle proprie competenze nelle attività di tipo socio-assistenziale, gli enti locali e le regioni possono avvalersi, in tutto o in parte, delle unità sanitarie locali, facendosi completamente carico del relativo finanziamento. Sono a carico del fondo sanitario nazionale gli oneri delle attività di rilievo sanitario connesse con quelle socio-assistenziali. Le unità sanitarie locali tengono separata contabilità per le funzioni di tipo socio-assistenziale ad esse delegate

[iii] 1. Le attività di rilievo sanitario connesse con quelle socio-assistenziali di cui all'art. 30 della legge 27 dicembre 1983, n. 730, sonole attività che richiedono personale e tipologie di intervento propri dei servizi socio-assistenziali, purché siano dirette immediatamente e in via prevalente alla tutela della salute del cittadino e si estrinsechino in interventi a sostegno dell'attività sanitaria di prevenzione, cura e/o riabilitazione fisica e psichica del medesimo, in assenza dei quali l'attività sanitaria non può svolgersi o produrre effetti.

[iv] Criteri di finanziamento (% di attribuzione della spesa) - 50% a carico del SSN e 50% a carico dei Comuni, fatta salva la compartecipazione da parte dell'utente prevista dalla  disciplina regionale e comunale, l'assistenza tutelare.