IMPONENTE ORDINANZA DEL TRIBUNALE DI TRENTO

EVVIVA UNA FANTASTICA ORDINANZA DEL TRIBUNALE ORDINARIO DI TRENTO

CON L'ORDINANZA INECCEPIBILE (N° 207/2013) IL TRIBUNALE ORDINARIO DI TRENTO HA SOLLEVATO DUBBI SULLA LEGITTIMITÀ COSTITUZIONALE DEI REGOLAMENTI PROVINCIALI DELLA PROVINCIA DI TRENTO CHE IMPOGONO AI PARENTI DEI DISABILI DI PARTECIPARE AL PAGAMENTO DELLE RETTE PER I RICOVERI RESIDENZIALI DEGLI STESSI.

Nel Trentino-Alto Adige la provincia autonoma di Trento ha competenza legislativa primaria in materia di assistenza e beneficenza pubblica.

 

L'art. 6 della legge  provinciale 28.05.1998, n. 6, stabilisce il principio della compartecipazione degli utenti, e l'art. 7 rinvia ad un regolamento la specificazione di tale principio. Il  regolamento  approvato  dalla  giunta  provinciale  il 13.11.1998, n. 12.437, prevede espressamente agli  artt.  3,  secondo comma, 5 e 8, che l'amministrazione comunale  conceda  un  intervento economico solo quando la situazione  dell'utente  e  del  suo  nucleo familiare, non consenta il pagamento della retta.  Così  come  anche gli artt. 1 e 18 della legge provinciale n. 13  del  2007,  prevedono che   debba   essere   presa   in   considerazione   la    condizione economico patrimoniale del nucleo familiare  di  appartenenza.  Anche gli artt. 2, 3 e 6 del regolamento comunale,  prevedono  il  concorso degli obbligati ai sensi dell'art. 433 c.c., nel caso in cui l'ospite non abbia redditi sufficienti  a  pagare  la  retta.

L'ordinanza riguarda un ricorso promosso da una signora anziana non autosufficiente ricoverata in una casa di cura. Alla Signora si imponeva una retta al di sopra delle sue entrate poiché il suo Comune di residenza, contestando l'applicabilità della normativa Statale, rifiutava l'integrazione della retta, richiamando la normativa provinciale qui sopra riportata. Nel giudizio sono stati sollevati dubbi sulla legittimità costituzionale riguardo la suddetta legge Provinciale poiché manifestamente in contrasto con l'art. 38 della Costituzione e con la Convenzione delle Nazioni Unite sui diritti  delle  persone con disabilità stipulata  a  New  York  il  13  dicembre  2006 (ratificata dal nostro Paese con la legge 3.03.2009, n.  18).

Nel testo dell'Ordinanza si legge "Ricordato che la cit. Convenzione delle Nazioni Unite sui diritti delle persone con disabilità, stipulata a New York il 13.12.2006, e' stata ratificata dal nostro Paese con la legge 3.03.2009, n.  18  (in G.U. 14.03.2009, n. 61). Da tale Convenzione si evince  il  principio di valorizzazione del disabile  come  persona  autonoma,  avente  una propria dignità intrinseca, una propria autonomia individuale ed una propria indipendenza economica, che deve essere garantita dagli Stati a prescindere dai rapporti familiari. La convenzione, nel  preambolo, riconosce  l'importanza  -  per  le   persone   con   disabilità  - dell'autonomia e della loro  indipendenza  individuale,  compresa  la libertà di compiere le proprie scelte;  riafferma  inoltre  che" la maggior parte delle persone con disabilità  vive  in  condizioni  di povertà",  con  conseguente "necessità  di  affrontare   l'impatto negativo della povertà sulle  persone con  disabilità".  L'art.  3 della Convenzione medesima individua inoltre come principio  generale "il rispetto per la  dignità  intrinsecal'autonomia individuale, compresa la libertà di compiere le proprie scelte, e  l'indipendenza delle persone" con disabilità. In tale  contesto,  e'  significativo che, in relazione al diritto  alla  salute  delle  persone  disabili, l'art. 25 stabilisca che "gli Stati Parti adottano  tutte  le  misure adeguate a garantire loro l'accesso a servizi  sanitari  che  tengano conto delle specifiche differenze di genere,  inclusi  i  servizi  di riabilitazione. In particolare, gli Stati Parti devono:  (a)  fornire alle persone con disabilità servizi  sanitari  gratuiti  o  a  costi accessibili, che coprano la stessa varietà e che siano della  stessa qualità dei servizi e programmi sanitari forniti alle altre persone, compresi i servizi sanitari  nella  sfera  della  salute  sessuale  e riproduttiva  e  i  programmi  di  salute  pubblica  destinati   alla popolazione". Pertanto la Convenzione impone di  tutelare  i  diritti del soggetto disabile, anche in ambito sanitario, valorizzando la sua dignità intrinseca, la sua autonomia  individuale  ed  indipendenza, anche quando - e proprio quando -  egli  individualmente  considerato versi in precarie condizioni economiche. La disciplina internazionale impone agli Stati aderenti un dovere di  solidarietà  nel  confronti dei disabili, in linea con i principi costituzionali di uguaglianza e di tutela della dignità della persona,  che  nel  settore  specifico rendono doveroso valorizzare il disabile di per  sé,  come  soggetto autonomo, a prescindere dal contesto familiare in cui  e'  collocato, anche se ciò può comportare un  aggravio  economico  per  gli  enti pubblici (così Consiglio di Stato, sez.  III,  23  agosto  2012,  n.4594).  Alla  luce  di  tali  principi,  non  appare  conforme   alla Convenzione  una  normativa  interna  che  imponga  di  prendere   in considerazione la situazione economica  dei  familiari  del  soggetto portatore di handicap, giacché una normativa siffatta  comporterebbe l'esonero  -  per  lo  Stato  -  di  garantire  l'indipendenza  anche economica  di  tali  soggetti,  costringendoli  ad  essere  privi  di autonomia, essendo costoro obbligati a rivolgersi a detti  familiari, costringendoli, in caso di rifiuto di questi ultimi, ad intraprendere iniziative giudiziarie nei loro confronti e lasciandoli nel frattempo privi di ogni  tutela.  Si  comprende  allora  come  la  Convenzione, proponendosi di  garantire  la  dignità  intrinseca,  l'autonomia  e l'indipendenza individuale del disabile, si prefigga proprio lo scopo di evitare che egli sia costretto  ad  attendersi  da  altre  persone quanto e' necessario per la sua esistenza dignitosa. Non e'  un  caso che la  Convenzione  affermi  il  principio  generale  dell'autonomia individuale e dell'indipendenza individuale della  persona  disabile, principio riaffermato sia dall'art. 9 in tema di accessibilità,  ove e' ribadito l'obiettivo di consentire alle persone con disabilità di vivere in maniera indipendente, sia dall'art. 19, dedicato alla  vita indipendente   del   disabile.   La   ripetizione    dell'espressione "individuale", non e' casuale. Significa che la persona disabile deve essere tutelata nella sua individualità, vale a dire  a  prescindere da ogni altro eventuale rapporto che egli possa avere con i terzi. La nozione di individualità non può essere  intesa  altrimenti.  Scopo della Convenzione e' quello di imporre agli Stati di farsi carico  di ogni necessità vitale delle persone con disabilità che non  abbiano redditi  sufficienti.  Una  legislazione  nazionale  che  imponga  al disabile di riversare tale obbligo sui propri familiari, equivale  ad abrogare la Convenzione, la quale, ripetesi, ha inteso  far  assumere agli Stati detto obbligo in via principale, senza che risulti che  la Convenzione stessa contenga alcuna clausola che imponga  invece  tale onere agli Stati solo in via  sussidiaria,  vale  a  dire  qualora  i parenti del disabile  non  possano  intervenire  a  favore  del  loro congiunto malato. Non  per  nulla  l'art.  4,  secondo  comma,  della Convenzione,  in  tema  di  obblighi  generali,  sancisce   che   con riferimento ai diritti economici, sociali e culturali, ogni Stato  si impegna a prendere le misure, sino al massimo delle  risorse  di  cui dispone,  e,  ove   necessario,   nel   quadro   della   cooperazione internazionale, al  fine  di  conseguire  progressivamente  la  piena realizzazione di tali diritti. Se così non fosse, la Convenzione non avrebbe alcuna ragione di esistere,  atteso  che,  come  noto,  quasi tutte le legislazioni nazionali già sanciscono l'obbligo  alimentare in capo ai parenti stretti ed ai prossimi congiunti;

Ci auguriamo che il nuovo ISEE in gestazione non venga partorito solo per scaricare tutti gli oneri spettanti per la sopravivenza dei disabili sui parenti (considerati furbi dalla stampa http://www.ilsole24ore.com/art/notizie/2013-06-05/arriva-riccometro-stanare-furbetti-102951.shtml ) degli stessi senza tener conto da quanto stabilito dalla Convenzione ONU qui sopra riportato.

Infatti da quello che abbiamo potuto leggere dalle bozze che circolano del nuovo ISEE non sembra sia stato tenuto in conto quanto la Convenzione di NY, quindi la legge 18/2009 stabilisce.

La mentalità dello "scovare I furbetti" è difficile da abbattere. Il compito dello Stato, in tutte le sue articolazioni è quella di fornire i servizi, di applicare quanto la costituzioni e leggi stabiliscono e non di piegare leggi e costituzioni a quanto viene individuato (non necessariamente lo è) come disponibilità. Lo scopo dell'ISEE è quello del raggiungimento dell'uguaglianza fra I cittadini, dell'equità non certo di impoverire ulteriormente I poveri e di ridurre in povertà il ceto medio. Pertanto Il nuovo ISEE per quanto riguarda le persone con disabilità  di qualsiasi età esse siano, si deve attenere al principio della situazione economica del solo assistito, per la loro dignità intrinseca, prima che per la loro presunta condizione economica.

Ing. Filibian Arek Presidente del MTD

Fulvio Aurora Presidente del Ass. Senza Limiti