Una sentenza della Corte d’ Appello di Milano

Sono a totale carico del servizio sanitario le persone malate di Alzheimer ricoverate nelle R.S.A.

In questi ultimi anni, sul trattamento economico delle persone non autosufficienti, ricoverate nelle Residenze Sanitarie Assistenziali – R.S.A., i vari organi dell’ordine giudiziario (T.A.R., Consiglio di Stato, Tribunali…) si sono pronunciati, esprimendo un orientamento giurisprudenziale, ormai consolidato,  a tutela dei diritti delle persone ricoverate.

Finora, il motivo più ricorrente delle sentenze è stato il richiamo dell’obbligo posto in capo ai Comuni, nel senso  di integrare, con proprie risorse, le rette di ricovero,  nel rispetto della  normativa I.S.E.E..

Nello scorso anno, sempre per la tutela delle persone ricoverate, ma con una  diversa e ancora più incisiva motivazione, si è espressa la Corte di Appello di Milano, Sezione Terza Civile, con la sentenza n. 2821/2019 del 27 maggio 2019, pubblicata il 26 giugno 2019.

Ora, su quest’ ultimo pronunciamento, vogliamo fermare la nostra attenzione.

La Corte ha reso soccombente la Azienda di Servizi alla Persona “Golgi Redaelli” di Milano e, con ciò, ha dato ragione ai parenti di una persona ricoverata nella R.S.A.,  gestita dalla medesima Azienda, parenti che hanno fatto ricorso in giudizio.

Con la sua sentenza, la Corte di Appello ha, in effetti, ribaltato il precedente giudizio espresso dal Tribunale di Milano   (sentenza n. 12984/2017, pubblicata il 22 dicembre 2017), con il quale era stato ingiunto ai parenti il pagamento della somma di €. 32.286,00.

Infatti, il Tribunale, in primo grado di giudizio, aveva stabilito che la somma era dovuta dai parenti, a titolo di corrispettivo delle prestazioni assistenziali, erogate a favore del congiunto, durante il ricovero presso la R.S.A. dell’Azienda Redaelli Golgi.

Diversamente, la Corte di Appello ha  stabilito che nulla è dovuto  dai parenti della persona ricoverata, in quanto era malata di Alzheimer.

L’argomento è di  notevole rilevanza: sono circa 650 le R.S.A. funzionanti nella nostra Regione, con oltre 80.000 persone assistite, molte delle quali sono affette da demenza senile.

In parecchie R.S.A., gli enti gestori hanno costituito il nucleo per il trattamento specifico delle persone con Alzheimer; occorre considerare che le rette applicate ai parenti di queste persone  sono fra le più esose (anche oltre le 100,00 euro al giorno).

Pertanto, abbiamo chiesto al prof. Walter Fossati, già docente di Politica Sociale all’ E.S.A.E. di Milano, abituale collaboratore, di rispondere alle nostre domande, allo scopo di chiarire gli aspetti più significativi del contenzioso giudiziario, terminato con la Sentenza n. 2821/2019 della Corte di Appello di Milano.

 

Quando è iniziato il ricovero della persona con Alzheimer?

Il ricovero è iniziato nel mese di aprile 2013.

Con quale storia sanitaria la persona è stata ricoverata?

La persona veniva ricoverata con anamnesi di demenza di grado medio-avanzato in vascolopatia cerebrale cronica, morbo di Alzheimer, miocardiosclerosi, ipertensione arteriosa, nonché con altre affezioni.

Con quale pratica sanitaria di miglioramento la persona è stata ricoverata?

Alla persona veniva proposta l’attuazione di un percorso riabilitativo specialistico.

Quando i riabilitatori hanno ritenuto concluso il percorso di riabilitazione? E, in sequenza, cosa ha proposto l’Azienda?

I Riabilitatori hanno ritenuto concluso il percorso nel mese di Luglio 2013. Dopo di che, l’Azienda ha manifestato la necessità di dimettere la persona assistita.

Come hanno risposto i parenti alle dimissioni richieste dall’ Azienda?

I parenti si sono opposti a questa soluzione. Così, il ricovero in riabilitazione è durato fino al 20 maggio 2014. In quella data, l’Azienda ha proposto ai parenti di passare il congiunto nella R.S.A., gestita dalla stessa Azienda, con la partecipazione economica dell’utente e/o dei familiari. La retta mensile veniva stabilita in €. 2.482,00.

I parenti hanno versato la retta mensile stabilita dall’ Azienda?

No, i parenti si sono rifiutati di versare la retta. Il rifiuto è perdurato fino al decesso della persona ricoverata in R.S.A., avvenuto il 26 giugno 2015.

Come si è comportata l’ Azienda, a fronte del rifiuto dei parenti di pagare la retta?

L’ Azienda si è costituita in Giudizio avanti il Tribunale di Milano, chiedendo la conferma della propria ingiunzione, con la condanna dei parenti al pagamento di quanto dovuto per le rette rimaste inadempiute. L’ Azienda avanti il Tribunale ha fatto valere le proprie ragioni: erano state erogate due tipologie di servizio. La prima di carattere riabilitativo e la seconda di tipo socio-assistenziale. Per il servizio socio-assistenziale, in costanza di ricovero, la normativa regionale statuisce la compartecipazione dei cittadini utenti.

Qual è stata la sentenza del Tribunale?

Il Tribunale ha confermato l’ingiunzione di pagamento notificata dall’ Azienda ai parenti della persona ricoverata in R.S.A., per una somma totale di €. 32.286.

Qual è stato il comportamento successivo dei parenti?

I parenti hanno fatto ricorso alla Corte di Appello di Milano contro l’ingiunzione di pagamento.

Qual è stato il giudizio espresso dalla Corte di Appello e con quali motivazioni?

La Corte ha sentenziato che nulla è dovuto dai parenti della persona ricoverata in R.S.A., in quanto era malata di Alzheimer. L’attività compiuta dall’ Azienda deve essere considerata, nel suo complesso, di rilievo sanitario e, pertanto, di competenza del Servizio Sanitario Nazionale. Nel rilievo sanitario deve essere fatto rientrare anche l’attività di sorveglianza e di assistenza in favore di una persona affetta da grave patologia neurologica, com’è l’Alzheimer

Dunque, la Corte di Appello non ha distinto le prestazioni sanitarie da quelle assistenziali?

La Corte ha sancito che nel caso in cui le prestazioni di natura sanitaria non possano essere eseguite se non congiuntamente con le attività socio-assistenziali, prevale la natura sanitaria del servizio, rispetto alla quale le altre prestazioni devono ritenersi avvinte, essendo dirette a consentire la cura della salute dell’assistito. Dunque, la complessiva prestazione deve essere erogata a titolo gratuito.

La Corte di Appello si è soffermata sulle connotazioni specifiche della cura delle persone con malattia di Alzheimer?

Sì, la Corte ha osservato che il morbo di Alzheimer è una malattia neurologica a carattere cronico-degenerativo. Essa è connotata dal declino cognitivo in progressivo aggravamento, fino al decesso ed è connotata, altresì, da sindrome da allettamento e da complicanze correlate, quali decubiti, anchilosi ed infezioni, soprattutto dell’apparato respiratorio. Da ciò, deriva che gli effetti inabilitanti richiedono un continuo ed assiduo monitoraggio sanitario, per sostenere al meglio possibile le condizioni di vita e di sopravvivenza della persona ricoverata. Osserva la Corte che i fattori produttivi sanitari risultano paritari, se non perfino preminenti, rispetto a quelli meramente assistenziali.

Come ha inquadrato la sentenza della Corte di Appello la cura delle persone con Alzheimer nella normativa dello Stato sulle prestazioni socio-sanitarie?

La Corte, con la sua sentenza, ha inquadrato la cura delle persone con la malattia di Alzheimer, ricoverate nelle R.S.A. fra le prestazioni socio-sanitarie ad elevata integrazione sanitaria, correlate ad inabilità o disabilità conseguenti a patologie cronico-degenerative, ex-art. 3, terzo comma DPCM 14 febbraio 2001, con intensità assistenziale per fase temporale estensiva, tale comunque da richiedere una presa in carico specifica, a fronte di un programma assistenziale di medio o prolungato periodo definito, ex-art.2, quarto comma, lettera b) del medesimo DPCM 14 febbraio 2001.

Per il profilo del criterio di finanziamento, cosa comporta l’inquadramento della cura della malattia di Alzheimer attribuito dalla Corte di Appello?

L’ inquadramento normativo, che è stato attribuito dalla Corte di Appello di Milano, si esplica in un programma assistenziale di medio o prolungato periodo definito; esso è per intero a carico del Servizio Sanitario Nazionale .

Quale scenario, potenzialmente ed estensivamente applicativo, viene aperto con questa sentenza?

Allo stato attuale, i parenti delle persone ricoverate nelle R.S.A., affette dalla malattia di Alzheimer, sono chiamate dagli enti gestori a versare la retta (socio-assistenziale).

Talvolta, non infrequentemente, a causa di questo oneroso impegno (circa 100 euro al giorno), i parenti, unitamente alla persona congiunta ricoverata (padre, madre, fratello, sorella…), sono indotti a spogliarsi del patrimonio; questa è una necessità particolarmente dolorosa, quando rappresenta il sacrificio e il risparmio di un’intera vita.

La sentenza della Corte di Appello di Milano, che abbiamo esaminato, è uno strumento giuridico, che potrà essere invocato dalle persone interessate,  con il rifiuto di versare la retta, sostenendo la tesi della sua illegittimità.

Tesi che, con l’aggiunta di quest’ultimo  pronunciamento, vede il conforto di altre autorevoli sentenze (fra le altre: Suprema Corte di Cassazione, sentenze n. 22776/2016 e n.28321/2017; Consiglio di Stato, sentenze n. 3377/2003; n.152/2004; n.479/2004).

Quale ruolo può essere svolto dalle Associazioni che tutelano i diritti delle persone anziane malate croniche, con malattia di Alzheimer?

Le Associazioni faranno bene a sostenere le persone anziane nell’ intrapresa della azione giudiziaria, che è, oggi, l’unico strumento di tutela dei diritti soggettivi.

Altresì è necessario che le Associazioni di tutela individuino nei Comuni e nella Regione degli interlocutori da coinvolgere in questa problematica.

I Comuni, con il passaggio delle persone malate di Alzheimer a totale carico della sanità, verrebbero, con ciò stesso, sollevati dall’ obbligo (che non sarebbe più sussistente per questa fattispecie di persone ricoverate) dell’integrazione delle rette (art.6, comma 4, Legge n. 328/2000).

La Regione, d’altro canto,  è parte interessata, in quanto avrebbe dei validi motivi per richiedere al Governo (Ministero della Sanità) l’aumento del Fondo Sanitario Regionale.

(Walter Fossati, 13 gennaio 2020)